È mezzanotte e 40 e sono già in aeroporto. Davanti a me passano pubblicità in stile 166 166 166 con donnine belle e accattivanti. Meglio distogliere l’ attenzione e dedicarsi al blog. Il volo parte alle 6:25 e colgo l’occasione per raccontarvi la mia Dublino. Come “sti cavoli”?! Nemmeno ho cominciato! Dai su, lasciami scrivere.
Sono arrivato in piena domenica sera per celebrare il San Patrick Day 2015, mi sono incontrato subito con Vicky, amica spagnola residente in Irlanda da molto tempo ormai, sotto The Spire, una colonna di 160 metri al centro di O’ Connell Street, ottima per l’ appuntamento perchè impossibile da non notare naturalmente. Tra una indecisione ed un altra ci siamo messi a camminare verso Temple Bar, la zona super fica dei locali. Sembrava dovessimo prendere solo una birretta per poi andare a casa ma come potete ben immaginare non è andata a finire così. Seduti al “Mercantile”, pub di indubbia e stupefacente bellezza in uno stile tra barocco e neo coloniale, sembrava quasi di essere in una caravella alla scoperta delle Indie. Qui ho scoperto la mia vera devozione per la Guinness. Il club è immenso ha sei entrate, 3 su Dame Street e 3 nel vicolo antistante con tanto di una mega scritta su un muro all’ angolo. Ognuna di queste attentamente sorvegliata da buttafuori giganti e ben educati. Nella prima zona, a due piani, sembra di essere in posto elegante dove ci si può sedere quasi in tranquillità, vedere la tv e bere ottima birra. Ma non è questo ciò a cui puntiamo. Dobbiamo incontrarci nella terza sala dove ci aspetta Ibra, un amico venezuelano di Vicky che ha 27 anni e ne dimostra 18, beato lui. Poso la zaino, il giaccone e la felpa nel guardaroba ed entro un po’ titubante. “Cavolo!”, penso! “Si balla salsa e che ne so io del ballo latino americano, l’ultima volta che sono andato a ballare un paio di settimane fa stavo ascoltando techno fino a quando non ho preso un cazzotto in faccia. Però, vabbè sono in vacanza vediamo che succede”. Loro da buoni danzatori cominciano la serata e io, leggermente intimidito e frastornato, vado diretto con un altra Guinness, la seconda di un N al no so quante. In quell’ ambiente decisamente più scarno e meno interessante non mi ci trovo proprio e incuriosito da un suono indie rock entro nell’altra sala. Tutta una altra situazione, la gente balla il rock e sono tornato nella stiva della Santa Maria (una delle caravelle tanto per puntualizzare). Una volta liberato dei liquidi corporei, accendo subito lo spirito rock. Uscito dal bagno una tipa alquanto brutta sulla quarantina mi prende per mano per saltare sulle note di Twist and Shout, certo mi poteva andare meglio ma mi sono buttato ugualmente. Troppo fiero il posto. Cosi ho trascorso la serata tracannando birra e rockeggiando fino a quando non ci siamo ricongiunti con gli altri due. Da che volevamo andare a casa abbiamo fatto le 4 e in preda ad una fame senza rivali ci siamo diretti a uno dei 600milioni di kebabari su Dame Street. Perchè il kebab? Perchè è quel genere di cibo sporco e unto che si desidera a fine serata. Uno al “pollo” non è bastato, così delicatamemte ho provato ad ungermi le mani anche con quello di agnello, quello ha detto “lamb” se non sbaglio. Tra l’ altro non si è mai sentito un kebab all’ agnello ma vabbè l’ ho mandato giù lo stesso prima di prendere il taxi per Rathmines Church, vicino casa.
Per fortuna é finita la serata, sono sfinito e non vedo l’ ora di aprire il divano letto e svenirci sopra non prima di aver salutato Carl, il ragazzo di Vicky, e aver scambiato quattro chiacchiere assieme.
“Cazzo di nuovo le donnine”. Scusate mi fermo un attimo… Ok, finite… Vabbè vi lascio che credo di essere stato già abbastanza prolisso e noioso.








Ci vediamo alla seconda parte…
Posted from Stefano Cimini, Samsung Galaxy S5